sabato 31 ottobre 2009

Tracce di passato sardo


La Giara di Serri, in Sardegna, è un altopiano basaltico a 650 metri di altitudine, non lontano da su Nuraxi, il nuraghe di Barunimi. L'area archeologica di Santa Vittoria prende il nome da una chiesa campestre che, nell'XI-XII secolo i monaci Vittorini dedicarono alla Signora della Vittoria sui resti di una preesistente chiesa bizantina. Intorno alla chiesa, in età tardo-antica, sorgeva un cimitero dove sono state ritrovate croci ed altri oggetti di vestiario risalenti al VI-VII secolo e riferibili a sepolture militari della guarnigione bizantina di stanza a La Giara.
Il santuario nuragico di Santa Vittoria è un sito archeologicamente di estrema importanza. Le sue origini risalgono alla media Età del Bronzo (1600-1500 a.C.) e sono attestate dai resti di un nuraghe di planimetria irregolare detta "a corridoio", non riconducibile alle forme canoniche di questo monumento. L'abitato non gravitava attorno al nuraghe originario, ma prese vita da diversi agglomerati di capanne. Qui intorno vi erano numerose sorgenti, necessarie all'approvvigionamento idrico nella prima fase della vita del villaggio, che diedero luogo - nel Bronzo finale e nella prima Età del Ferro (1100-800 a.C.) al culto di una divinità delle acque, venerata attraverso un pozzo sacro.
Il pozzo sacro è una costruzione circolare di due metri di diametro, edificata con blocchi di roccia vulcanica (basalto) ben squadrati e lavorati a T, disposti in modo da impedire la dispersione dell'acqua. Un vestibolo rettangolare lastricato, munito di panchine ai lati, era attraversato da una canaletta dove correva l'acqua del pozzo quando tracimava dalla perfetta scala trapezoidale che, con i suoi tredici gradini, portava al livello di captazione dell'acqua. Le pareti del pozzo si conservano per un'altezza di tre metri e si è calcolato che l'altezza, originariamente, doveva essere almeno di cinque.
La struttura del pozzo era contenuta in un recinto (temenos) che delimitava l'area sacra. All'esterno del vestibolo due tratti di muro chiudevano il passaggio ai pellegrini che, probabilmente, accedevano al luogo sacro solo dalla parte anteriore per attingere l'acqua sacra da un bacino rettangolare. Il vestibolo era coperto con un tetto a doppio spiovente. Intorno al pozzo sono stati ritrovati elementi architettonici in calcare decorati con profonde incisioni a dentelli.
All'interno dell'area sacra è stato scoperto un deposito votivo composto da spade, pugnali, lance, contenitori in lamina bronzea e bronzetti di personaggi che offrono pani rtuali, vasi, una stampella di ringraziamenti alla divinità. Il mondo femminile è rappresentato da donne avvolte in un manto che offrono ciotole, madri con figli in grembo, sacerdotesse che pregano, arcieri saettanti e personaggi con il bastone del comando.
All'esterno del vestibolo una serie di canali trasportava l'acqua che traboccava dal pozzo all'interno di un bacino costruito in opera isodoma, distrutto e modificato in epoca romana e bizantina, quando nell'area del pozzo vennero collocate delle sepolture.
Un'ampia area cerimoniale al margine de La Giara è conosciuta come recinto delle riunioni o delle feste. Vi si accedeva da due ingressi posti sotto un porticato di sedici metri, con copertura a spiovente semplice, sostenuto da pilastri. La copertura era, forse, in travi di legno che sostenevano file di lastre ricavate nel calcare.
Nella parte settentrionale de La Giara si conservano gruppi isolati di capanne, rispetto al pozzo ed al recinto delle feste. L'ambiente più grande è una capanna o recinto con pavimentazione lastricata in calcare, detta "sala delle stelle", per la presenza di una sorta di altarino composto da due torri stilizzate di nuraghe, usato come basamento per fissare bronzi votivi negli appositi fori. Un altro importante edificio è la "curia" o "capanna delle riunioni", che conserva un imponente muro pieno di nicchie con mensole in calcare.

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