martedì 3 novembre 2009

Il misterioso re di Eretum


A Fara in Sabina, dal 7 novembre 2009 al 14 febbraio 2010, nella Sala Monte Frumentario, sarà possibile ammirare i reperti restituiti dalla tomba n. 36 della necropoli sabina di Eretum.
Nel VI secolo a.C., quando i re furono estromessi per sempre dal governo della neonata città di Roma, si ebbero, nell'Italia centrale, notevoli sconvolgimenti che portarono, ad Eretum e nei centri della Sabina tiberina, a nuovi orizzonti. Ad Eretum salì al potere un personaggio di notevole levatura. La sua tomba fu scoperta nel 2005 e contraddice tutte le tradizioni delle aristocrazie sabine. Innanzitutto la sepoltura ha dimensioni colossali: quattro vani per una sola persona, poi era stipata di calderoni ben allineati, come se fosse un santuario. Inoltre recava simboli regali arcaici e desueti, quali il carro da guerra ed il trono a schienale ricurvo. Il defunto, a conferma del culto a lui tributato, era stato cremato.
La tomba n. 36 della necropoli di Colle del Forno è, dunque, un reperto veramente eccezionale, soprattutto se la si paragona alle più modeste ultime dimore, provviste spesso di una sola camera con loculi a parete, che sono proprie della cultura e del contesto geografico in cui essa è stata rinvenuta. Il complesso è formato da un enorme atrio scoperto, tre camere ed un corridoio di accesso lungo più di 26 metri, il tutto già pianificato e predisposto al momento della edificazione della sepoltura.
Lo scavo ha ulteriormente confermato che la tomba fu predisposta e concepita per essere l'ultima dimora di un solo personaggio. Nella camera di fondo, infatti, si apriva un solo loculo contenente le ceneri del defunto, raccolte in una cassetta di legno, avvolte in un panno ricamato d'oro. Ai suoi lati vi sono due calici già antichi al momento della morte del personaggio e che, forse, rappresentavano essi stessi delle reliquie di qualche antenato.
La grande camera conteneva solo il trono in terracotta e le armi del defunto. Ai piedi del trono vi era un piccolo vaso votivo a testimonianza della cerimonia svolta al momento della sepoltura. La camera di sinistra conteneva un carro da guerra; i cavalli che lo trainavano furono sacrificati nell'atrio ed i loro corpi hanno travolto le cinque anfore di ceramica ivi riposte. Queste ultime avevano l'apparenza di vasi piutttosto modesti, ma il loro contenuto e la loro origine parlavano di ben altro che di modestia, dal momento che provenivano dal lontano Oriente.
Nella camera destra vi era una fila di grandi recipienti di bronzo che contenevano altri alimenti destinati al defunto. Un secondo trono di terracotta, posto sul tetto della tomba, ne segnalava a tutti la presenza.
La tomba fu riaperta, successivamente, per un secondo defunto, una donna, deposta su un letto di legno lungo la parete destra della camera di fondo. La riapertura provocò il crollo del soffitto e di una parete della camera, rappezzati, poi, sommariamente. Nel corso dei lavori, gli oggetti nella camera di fondo e nell'atrio furono infranti ed in parte dispersi.
Ogni cosa, nella sepoltura, parla di usi e consuetudini diversi da quelli propri dei Sabini, persino di quelli aristocratici: una tomba individuale, la presenza di materiali di corredo tra i quali anche oggetti più antichi o desueti (come il carro ed il trono, riservato quest'ultimo solo a divinità o personaggi sovrumani). Sicuramente il defunto doveva aver goduto, in vita, di onori inconsueti. Forse era un sovrano vissuto in un secolo - il VI a.C. - in cui il crollo di alleanze sulle quali aveva poggiato la supremazia di Roma nella regione, aveva provocato un vuoto di potere favorevole alla formazione di nuovi equilibri politici ed istituzionali.

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