mercoledì 11 novembre 2009

Terrazza con vista


Dal 26 ottobre c'è una perla in più nella collana di Roma, che fa parte del percorso di visita del Palatino. Non ci sono costi aggiuntivi. Si tratta della spianata, una terrazza, di 110 per 150 metri chiamata "Vigna Barberini" e che dal 1909 non era stata mai aperta al pubblico.
La "Vigna Barberini" è collocata allo spigolo del Palatino che sovrasta l'arco di Costantino ed il Colosseo. Da qui è possibile ammirare, da destra, la cupola di S. Gregorio al Celio, il campanile romanico della basilica dei Santi Giovanni e Paolo, i pini ed i cipressi del cielo e persino S. Giovanni in Laterano. Guardando in basso si può vedere l'Arco di Costantino dall'alto, la "Meta Sudans", la fontana alla quale i gladiatori solevano lavare le armi insanguinate.
Davanti alla terrazza, il tempio di Venere e Roma, che sarà presto riaperto anche lui al pubblico, la chiesa di Santa Francesca Romana, l'arco di Tito, la Basilica di Massenzio, la cupola dei Santi Luca e Martina ed il Vittoriano.
Alla "Vigna Barberini" si arriva dall'arco di Tito, salendo a sinistra per il Clivo Palatino. La vigna ha ancora l'aspetto di campagna, mantenuto dalla Soprintendenza archeologica. Sono presenti due piccole chiese, in basso San Sebastiano detta al Palatino e poi San Bonaventura con il convento.
Il muro più alto tuttora visibile è quello del palazzo imperiale voluto e fatto costruire dall'imperatore Domiziano, terzo ed ultimo imperatore della famiglia dei Flavi. Nella vigna era uno dei nuclei del palazzo, nella parte centrale della terrazza sono state trovate tracce di filari di piante coltivate in anfore, che hanno fatto pensare ad un giardino con fontane, viali ed aiuole. Probabilmente erano questi i giardini di Adone, gli "Adonaea", ricordati dal sofista greco Filostrato che racconta dell'incontro tra Domiziano e il filosofo greco Apollonio di Tyana in un luogo pieno di piante in vaso, il Palazzo Flavio, appunto. Adone era una divinità orientale legata al mondo ctonio, funerario, agreste, rappresentante la transitorietà dell'esistenza. Nelle feste a lui dedicate si seminavano in vaso piante di rapida crescita (malva, finocchio, orzo) che altrettanto presto, però, morivano.
La parte centrale della terrazza è occupata da un basamento di 60 per 40 metri, di un tempio dedicato al Sole da Elagabalo, che regnò dal 218 al 222 d.C.. In questo santuario Elagabalo riunì gli oggetti più sacri di Roma: il simulacro di Cibele, gli "ancilia", gli scudi di Marte custoditi nella Regia, il fuoco di Vesta, il Palladio. Da quest'ultimo simulacro, la zona, durante il Medioevo, prese il nome di Pallara e la chiesa di S. Sebastiano era diventata Santa Maria in Pallara. Questa chiesa, edificata originariamente nel X secolo per poi essere ricostruita nel 1624, sorge sul lastricato del tempio del Sole ed è legata alla memoria di Sebastiano, guardia pretoriana di Diocleziano e Massimiano, martirizzato il 20 gennaio 288.
Anche la chiesa di San Bonaventura, costruita nel 1675, è stata edificata sui resti del palazzo imperiale, precisamente su quelli di una enorme cisterna alimentata dall'acquedotto Claudio, che forniva acqua al palazzo imperiale e poi alle terme severiane, costruite poco lontano dall'imperatore Settimio Severo.
Nell'angolo sinistro della vigna, gli archeologi stanno ancora scavando per identificare con più certezza una delle realizzazioni più affascinanti dell'impero: la coenatio rotunda, la sala da pranzo girevole, che girava notte e giorno imitando il movimento della Terra.

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