sabato 6 marzo 2010

Una misteriosa ed antica divinità


Nei Musei Capitolini, piuttosto defilati, compaiono i resti di un edificio di culto piuttosto particolare. Il tempio fu ritrovato negli anni Trenta del secolo scorso, durante gli scavi per realizzare la congiunzione tra il Palazzo dei Conservatori ed il Palazzo Nuovo. E' un tempio rettangolare e molto ben conservato. La statua di culto che conteneva, anch'essa conservata nei Musei Capitolini, è di marmo bianco.
L'edificio fu votato nel 196 a.C. al dio Veiove dal console Lucio Furio Purpurione, prima della battaglia di Cremona contro i Galli Boi. Furio Purpurione, vittorioso sui Galli, completò, in seguito, l'edificio nel 192 a.C..
Veiove era un'antichissima divinità etrusco-italica, dai tratti simili al greco Apollo. Suoi attributi erano il fulmine, l'animale a lui caro era la capra. Entrambi gli conferivano un'aurea infera, al punto che un'epigrafe lo collega agli dei Mani. Orazio, Aulo e Gellio considerano Veiove un aspetto giovane di Giove (Ve-iove significherebbe, pertanto, "piccolo Giove"). Altri, invece, lo considerano un aspetto negativo Giove (in questo caso Ve sarebbe una negazione).
Veiove era un dio estraneo al pantheon greco-romano, una divinità molto più antica, parte, comunque, del culto dei romani al punto che fu considerato una delle divinità protettrici della gens Iulia. I Romani mostravano un rispetto quasi timoroso per questo misterioso dio che era considerato, anche, il dio delle vittorie. Un rispetto così reverenziale che coloro che, in seguito, edificarono il Tabularium, sul Campidoglio, non si azzardarono a spostare il tempio. Distruggerlo avrebbe portato sfortuna ed attirato la malasorte su Roma. Il tempio di Veiove, pertanto, fu isolato, ergendogli attorno un muro costruito in grossi blocchi di tufo, che aveva il compito di mantenerlo integro rispetto agli edifici circostanti.
La statua di culto che era ospitata nel tempio raffigura un giovane dall'aspetto atletico e dai lunghi capelli. La testa, purtroppo, è andata perduta. Ovidio e Gellio ce ne tramandano la descrizione ed i tratti possono essere dedotti anche da alcuni denari repubblicani che Lucio Cesio battè negli anni della guerra contro Giugurta di Numidia (112-111 a.C.) nonchè da altre monete emesse da Caio Licinio Macer in piena guerra civile tra Mario e Silla.

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