giovedì 16 settembre 2010

La medicina nell'antica Roma


La professione medica si diffuse, a Roma, intorno al III secolo a.C., soprattutto grazie all'apporto di medici di origine greca, schiavi o liberti. Fino a quel momento, l'assistenza ai malati era demandata alla famiglia, come scrive Catone il Censore, ed era compito del pater familias. Colui che si prende cura degli ammalati, tuttavia, deve tener conto della Lex Aquilia, promulgata nel 286 a.C., che ritiene responsabile, in caso di morte del malato, colui che ha agito con trascuratezza.
Il primo medico ad incontrare successo nell'Urbe è lo spartano Arcagato, verso la fine del III secolo a.C.. Era considerato un valente chirurgo, almeno all'inizio. In seguito la sua fama si appannò notevolmente. Per un altro medico alla sua altezza bisogna attendere il I secolo a.C., con Asclepiade di Bitinia, fondatore della cosiddetta medicina metodica, contraria ai rimedi drastici della chirurgia e sostenitrice di ginnastica e dieta. Tra i pazienti di Asclepiade si annoveravano Cicerone, Marco Licinio Crasso e Marco Antonio.
Nel I secolo a.C. emerse anche la figura di Aulo Cornelio Celso che si dedicò alla chirurgia. Il più famoso dei medici romani, tuttavia, fu Galeno (129-199 d.C.), che scrisse trattati di medicina e di anatomia che trattavano, tra i tanti temi, anche la dissezione di animali.
Arcagato portò a Roma le tabernae medicorum, le medicatrine, case di cura private annesse all'abitazione del medico. Vi si praticava una medicina empirica che aveva molto a che fare con la magia. La medicatrina comprendeva stanze per il ricovero degli ammalati ed un laboratorio che fungeva da ambulatorio.
I valetudinari, invece, erano un'istituzione tipicamente romana: si trattava di ricoveri per familiares bisognosi di cure ed erano ospitati in grandi costruzioni dislocate nelle aziende agricole, dove vivevano famiglie numerose e lavorava molta servitù. Queste strutture vennero descritte, per la prima volta, da Columella, nel I secolo d.C.. Nei valetudinari lavoravano un medico curante (medicus o valetudinario), degli infermieri (servi a valetudinario) e personale femminile che doveva, forse, essere impiegato nel campo dell'ostetricia.
I valetudinari erano annessi anche alle palestre ed ai castra militari, ed avevano una corte centrale, stanze di degenza a tre letti ampie, ben arieggiate e soleggiate, fornite di servizi, con locali per la degenza di medici ed infermieri.
I Romani, poi, realizzarono la prima struttura al mondo in muratura per le cure mediche: il valetudinarium dell'accampamento di Colonia (Colonia Ulpia Traiana), in Germania.
Gli strumenti chirurgici erano numerosi, realizzati per lo più da fabbri in bronzo e ferro, con manici decorati e con una straordinaria somiglianza con i mezzi chirurgici attuali. Gli strumenti taglienti comprendevano coltelli dritti o curvi, con lame di ferro e manico di bronzo: lo scalpellum, la novacula (rasoio), il cultellus dissectorius di Galeno, i flebotomi, la spatha e l'ernispatha (spatole), il ferramentum semicircolatum, l'anulocultrum, il siringotomo per le fistole e il tonsillotomo. Le forbici erano a molla, gli scalpelli e le seghe servivano per le amputazioni. Anche le pinze avevano forge differenti: il forceps era usato per restrarre corpi estranei dalle ferite, le vulsellae erano impiegate nella depilazione e vi erano pinze per denti ed emostatiche.
La chirurgia dei Romani era in grado di affrontare qualsiasi intervento. Per la trapanazione del cranio venivano eseguiti foro intorno all'osso da recidere e si completava l'apertura con lo scalpello. Erano frequenti anche gli interventi di plastica facciale per labbra, naso, palpebre ed orecchie. Il chirurgo greco Anthyllus, vissuto a Roma nel II secolo, operava gli aneurismi con la legatura del vaso sopra e sotto la sacca e l'escissione di questa. Si operavano tumori alla mammella, fistole del torace e dell'addome. La litotomia, rimozione dei calcoli alla vescica per via chirurgica, venne descritta per la prima volta da Celso e sarà praticata con la tecnica romana per secoli, fino all'Ottocento inoltrato.
I Romani conoscevano, inoltre, piuttosto bene la cataratta che veniva operata con la reclinazione del cristallino mediante un ago sottile.
Sono molti i medicamenti in uso a Roma per la disinfezione, la cicatrizzazione e la cauterizzazione delle ferite: il vino, l'aceto (utilizzati sia puri che mescolati ad erbe varie), la cadmia, la trementina, l'incenso, la squama di bronzo rosso, la ruggine ed il sale ammonio. Le sostanze minerali più utilizzate erano il piombo, il mercurio, l'oro e l'allume mescolato con sugna.

Nessun commento:

Egitto trovato il busto di una statua di Ramses scoperta nel 1930

Egitto, il busto di Ramses II appena rivenuto (Foto: finestresullarte.info) Un team di archeologi egiziani e di ricercatori dell'Univers...