martedì 14 settembre 2010

Le pasticche dei Romani


Dei ricercatori americani hanno analizzato le pastiglie rinvenute a bordo del vascello di Pozzino, in Toscana. Queste pastiglie risalgono al 140-120 a.C. e rappresentano le prime prove dei composti con i quali si curavano gli antichi: carota, ravanello e sedano, ibisco, erba medica ed achillea.
Questi composti naturali erano confezionati in forma di pasticche e sono stati ritrovati in un vascello di pino, quercia e noce affondato al largo del golfo di Baratti. Il suo ritrovamento, ovviamente, è stato salutato con eccitazione dagli scienziati. Insieme con vetri, ceramiche, anfore colorate, infatti, c'era una cassetta contenente il rifornimento di pasticche risultate quasi del tutto integre. Le sostanze - analizzate - sono simili a quelle descritte da medici e farmacisti come Dioscoride e Galeno.
Ad individuare il relitto nel golfo di Baratti è stato il Centro Sperimentale di Archeologia Sottomarina di Albenga, nel lontano 1974. Una prima ricognizione ha subito fatto capire, agli archeologi, che sicuramente c'era un medico a bordo: sono stati trovati un uncino utilizzato a scopi chirurgici ed una ventosa per il sangue. Si dovette, però, attendere il 1989 perchè gli archeologi ritrovassero quella che può essere considerata una cassetta da dottore ante litteram: 136 fiale di legno e scatolette di pastiglie. Oggi queste pastiglie sono state studiate da un'equipe diretta da Alain Touwaide, storico delle scienze presso il National Museum of Natural History. I reperti sono custoditi in un acquario nel Museo Archeologico di Piombino, ancora immersi in quello che, oramai, è il loro elemento naturale.
Le analisi del Dna su queste antiche pastiglie, hanno riscontrato in esse la presenza di diversi tipi di piante, dalla cipolla selvatica al cavolo, dalla quercia al girasole. Ogni pastiglia conteneva almeno dieci piante. Alcuni estratti sembrano essere più comuni di altri, come l'alfa alfa, la carota, la cipolla e la noce. Altri corrispondono al biancospino, all'achillea, all'ibisco, probabilmente importato dall'est dell'Asia o dall'India e dall'Etiopia.
Dioscoride, medico, botanico nonchè farmacista, descriveva la carota come una panacea per ogni sorta di mali: dal morso dei rettili ai problemi di contraccezione. Scrisse un'opera in cinque libri, intitolata "De Materia Medica", considerata il primo erbario della medicina occidentale. Questa sorta di enciclopedia venne, poi, copiata verso il 512 d.C. per la principessa bizantina Giuliana Anicia ed in tal modo l'opera poté sopravvivere ai secoli ed alla distruzione indiscriminata delle antiche conoscenze scientifiche. Tra le piante che Dioscoride descrisse nel suo erbario e quelle ritrovate sul relitto del Pozzino, c'è l'achillea millefolium, il cui nome deriva dalla leggenda secondo la quale la foglia di questa pianta guarì il piede di Achille. Proprio per questo, sia Dioscoride che Galeno la raccomandavano come emostatico, in grado, cioè, di arrestare le perdite di sangue.
Sembra che le pastiglie contengano, anche, tracce di girasole, una pianta che gli scienziati ritengono sia giunta in Europa solo dopo la scoperta delle Americhe. Il mistero non è stato ancora risolto: potrebbe trattarsi di una semplice contaminazione avvenuta in laboratorio oppure davvero uno scoop senza precedenti.
Nei prossimi mesi i ricercatori americani continueranno ad analizzare le antiche pastiglie, nella speranza di scoprire la famosa e misteriosa teriaca, una medicina descritta da Galeno che dovrebbe contenere ben 80 estratti differenti.

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