venerdì 15 ottobre 2010

Una villa nel verde


Il fiume Panaro permetteva, ai centri sorti nella valle, di approvvigionarsi di acqua. Gli archeologi hanno sempre saputo che questa era una zona ricca di reperti e di testimonianze antiche. Paesi come Spilamberto, ricco di ritrovamenti che vanno dalla preistoria all'età romana, al medioevo ed ai Longobardi o Savignano sul Panaro, sede di un villaggio preistorico scoperto durante gli scavi per la costruzione del municipio e luogo di rinvenimento dell'idoletto del paleolitico passato agli onori della cronaca con il nome di "Venere di Savignano", nonchè di un'importante necropoli villanoviana, non mancano mai di rivelare, in occasione degli scavi per la costruzione di edifici o di opere civili, vestigia del passato.
La costruzione di una rotonda, la primavera scorsa, in località Magazzino di Savignano, ha fatto emergere dal terreno, a circa un metro da terra, una grande quantità di laterizi in ceramica (mattoni, tegole, cocci di vasi), nonchè una serie di tesserine cubiche dai colori neutri e chiari, che hanno permesso di ritrovare una porzione di mosaico intatta di fattura romana, databile al I-II secolo d.C.
Il sito era stato già scavato nel '700 e quindi molti manufatti sono stati già asportati, come anche parte del mosaico, in opus tessellatum (un tipo di mosaico a cubetti fino 2 centimetri di lato utilizzato per bordure, fondi o disegni geometri) adiacente ad un altro pavimento, costruito in opus signinum. La presenza di questo elemento decorativo, la posizione dell'edificio di cui faceva parte e la presenza di mattoni dal profilo circolare, lasciano intuire la presenza di colonne, hanno portato gli archeologi alla conclusione che si sia in presenza di una "villa rustica" romana, corrispondente all'odierna azienda agricola, un tipo di costruzione che si diffuse nel III secolo a.C..
Nella sua forma base la villa rustica era composta da diversi edifici suddivisi in due parti: la pars dominica, abitata dai proprietari, e la pars massaricia, fulcro dell'economia della casa, che comprendeva l'area in cui vivevano gli schiavi e quella in cui venivano effettuati i lavori di pressatura delle olive per l'olio o dell'uva per il vino (pars fructuaria).
Intanto gli archeologi stanno rimuovendo il prezioso mosaico, che verra ricoperto da una colla idrosolubile e sollevato dalla base per poter essere trasportato in laboratorio, restaurato e reso disponibile agli occhi dei visitatori del Museo Archeologico di Modena.

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