sabato 2 ottobre 2010

Vulci, la Pompei etrusca


Le origini della città di Vulci si fanno risalire al IX secolo a.C., dall'unione di più villaggi. Venne edificata su un pianoro, non lontana dalla costa, ed ebbe il suo massimo splendore nel IV secolo a.C., prima dell'arrivo traumatico dell'invasore romano.
Vulci, considerata la Pompei etrusca, perì sotto i colpi durissimi dell'esercito romano nel febbraio del 280 a.C.. Il suo territorio venne smembrato e distribuito tra i cittadini Romani.
L'ostilità dei Vulcenti nei confronti dei Romani era cosa antica. Se ne sono trovate tracce persino nella celeberrima Tomba François, la più importante delle sepolture etrusche mai ritrovate, che prende nome dall'archeologo fiorentino Alessandro François che la scoprì nel 1857, sul versante della collina che guarda Vulci.
La tomba apparteneva alla famiglia vulcente dei Saties, una famiglia nobile, e le pitture che essa contiene sono interpretabili in chiave nettamente antiromana. Rappresentano scene di storia etrusca raffrontate con scene tratte dall'epica greca, quali la presa di Troia e, soprattutto, è evidenziata in modo particolare il crudele sacrificio dei soldati Troiani (e Roma vantava di discendere da Troia) da parte dei Greci guidati da Achille. Il centro della scena è tutto per Charun, il demone etrusco assimilabile al terribile Caronte dei Greci. I dipinti risalgono al IV secolo a.C.
La Tomba François conserva, però, anche l'unica immagine - almeno finora - di un re Etrusco di Roma che ci è stato consegnato dalla storia. Uno dei cicli pittorici che sono stati ritrovati, infatti, mostra la liberazione del condottiero Etrusco Celio Vibenna da parte del suo amico Macstrna, vale a dire Mastarna, che sarà re di Roma con il nome di Servio Tullio, governando la città del Tevere con equilibrio e saggezza dal 578 al 535 a.C.. Servio Tullio riformò l'esercito (che era il cosiddetto esercito romuleo), ampliando le fila dell'unica legione di cui era composto ed aprendo l'accesso ad esso anche ai plebei.
La conquista romana di Vulci ha funzionato un pò come la lava a Pompei, restituendo la città di Vulci etrusca ai posteri. Nel 490 d.C. la Vulci romana, oramai completamente in stato di abbandono, venne progressivamente privata dei materiali di costruzione, che andarono ad alimentare gli edifici dei centri vicini, come il Castello della Badia (oggi sede del Museo Etrusco della cittadina), una costruzione medioevale che, un tempo, era stato un monastero cistercense ed oggi svetta accanto ad un ponte millenario eretto dagli Etruschi sul fiume Fiora ed entro il quale, un tempo, passava un acquedotto.
Per secoli il territorio non fu che una terra flagellata dalla malaria, finquando, nel 1828, il fratello di Napoleone Bonaparte, nominato dal papa Pio VII principe di Canino, cominciò a trovare splendidi vasi nelle sue proprietà di Pian de' Voci. Ma, purtroppo, la "moda" dell'epoca premiava ritrovamenti di vasi con scene dipinte (i cosiddetti "vasi greci"), per cui il principe di Canino diede ordine che ogni frammento non dipinto, come ogni vaso in bucchero fosse distrutto. Le tombe, dunque, vennero aperte, depredate ed abbandonate.
Il fratello di Napoleone, in poco tempo, raccolse ben 2000 oggetti etruschi. Alla sua morte, nel 1840, la moglie, Alexandrine de Bleschamps, invitò Alessandro François a scavare a Vulci. L'invito venne ripetuto dal principe Alessandro Torlonia, nuovo proprietario del fondo alla morte della principessa e François ritrovata la splendida sepoltura che oggi porta il suo nome. I gioielli dello splendido corredo funerario vennero venduti al Musée Napoleon III di Parigi per 700 franchi. I Torlonia diventano "proprietari" degli affreschi, che vengono staccati dalla tomba ed entrano a far parte della collezione di famiglia.
Verso la fine del XIX secolo tornano a farsi nuove scoperte, a Vulci, come l'ipogeo dei Sarcofagi, quello dei Tori e quello dei due ingressi. All'inizio del XX secolo tornano a vedere il cielo le statue del Giovane su Ippocampo e del Centauro (oggi al Museo di Villa Giulia a Roma), le tombe del Guerriero, delle due anticamere e delle cinque camere. Emergono non solo oggetti preziosi, ma strade, edifici, il Tempio Grande, la domus del Criptoportico, il decumano.
Vulci aveva un'importate via di trasporto nel fiume Fiora, che nasce dal Monte Amiata e scende costeggiando tutta la città per sfociare nel Mar Tirreno, vicino all'antico porto di Regae. Le case che sono emerse dagli scavi hanno vani piuttosto angusti come se gli Etruschi vivessero molto all'aperto e, forse, era realmente così.
La Vulci altomedioevale fu sede vescovile fino a quando il vescovo Bernardo non trasferì l'episcopato nella più lontana e sicura cittadina di Castro.

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