giovedì 26 maggio 2011

Plancia Magna, figlia della città di Perge



Sia nel mondo greco che in quello romano, in alcuni casi le donne hanno potuto, in qualche modo, partecipare alla vita pubblica della società in cui vivevano. Alcune iscrizioni ed alcune monete parlano del ruolo svolto da alcune matrone nelle loro comunità, al punto che le stesse hanno ricevuto degli appellativi di particolare prestigio in genere impiegati per gli uomini.
La partecipazione di una donna alla vita pubblica, comunque, era fonte di imbarazzo sia per i Romani che per i Greci. Alcune donne potevano ereditare notevoli patrimoni, però, e questo poneva il problema di controllare sia questi ultimi che chi li aveva ereditati. Così, nel V secolo a.C., le figlie dei membri della boulè, l'assemblea di Atene, dovevano sposarsi all'interno della propria classe. Se non l'avessero fatto, il Concilio cittadino avrebbe sottratto dal loro patrimonio una quota pari ad 1/4 o 1/3.
Nel II secolo d.C., però, in una città dell'Anatolia, una donna riuscì a dimostrare che anche le espondenti del mondo femminile potevano accrescere il prestigio e la fama della comunità in cui vivevano. Il nome di questa donna era Plancia Magna. Le iscrizioni che le sono dedicate la nominano sempre con il suo nome. Marito e fratello, invece, sono identificabili solo per mezzo di riferimento a lei.
Generalmente, nel mondo romano, la donna attiva dal punto di vista politico-sociale, era considerata come una sorta di "pertinenza" del coniuge che ricopriva cariche pubbliche di più o meno prestigio. Nel caso di Plancia Magna, gli studiosi hanno pensato anche che in Anatolia potesse esistere una sorta di matriarcato o che l'ellenismo avesse portato con sé una certa autonomia della figura femminile. Pur conservando, il marito, il diritto d'uso sul patrimonio della donna era quest'ultima che ne disponeva.
Plancia Magna doveva essere una donna di una certa importanza, nella comunità di Perge. Plancia visse nell'epoca antoniniana - II secolo d.C. - ed apparteneva ad una delle famiglie più abbienti della città. Era figlia di Publio Rutilio Varo, di rango consolare, senatore al tempo di Nerone e proconsole di Bitinia sotto Vespasiano. Per parte di madre, Plancia discendeva da un'importantissima famiglia reale dell'Asia, la madre, Iulia, era figlia di Tigrane, re d'Armenia, e sacerdotessa di Artemide.
Il marito di Plancia era Iulius Cornutus Tertullus, esponente anch'egli di un'importantissima famiglia cittadina. Questo insieme di potenti parentele metteva Plancia nelle condizioni di poter disporre di un patrimonio finanziario non indifferente. Con questi soldi Plancia poté finanziare la costruzione di diversi monumenti cittadini, come il teatro (lo si è dedotto dal fatto che la sua statua si trovava nel corridoio anulare dove defluivano gli spettatori). La donna, poi, sistemò a sue spese la porta urbica, a due torri, con nicchie per statue inquadrate da decorazioni in marmo. Al piano inferiore le statue raffiguravano delle divinità, nel secondo ordine si trovavano le statue dei fondatori mitici e dei benefattori cittadini, tra i quali la stessa Plancia e suo padre.
Nell'area della porta urbica sono state trovate alcune iscrizioni bilingui, in latino e greco, con lettere in bronzo, in cui è menzionato il nome di Plancia. Una di queste iscrizioni reca la dedica alla città, in un'altra Plancia è appellata come "demiurgo", una sorta di benefettrice della cittadina. Un'altra epigrafe le attribuisce il titolo di "figlia della città" e sappiamo che Plancia fu anche sacerdotessa di Artemide Pergaia. Ma il nome di Plancia compare anche in altri frammenti di iscrizioni: una parte di trabeazione, per esempio. Anche l'acquedotto è opera della munificenza della donna. L'acqua raggiungeva la città per mezzo di due ponti e di un canale sotterraneo e finiva in un ninfeo, da cui provengono due statue di Adriano le cui iscrizioni, abrase, comunque fanno riferimento a Plancia.
L'edificio sepolcrale di Plancia è avvolto nel mistero. Si parla di una sorta di grande mausoleo situato presso il teatro. Non è stata, però, rinvenuta alcuna epigrafe sepolcrale che attribuisca definitivamente l'edificio a Plancia.
Perge era un'importante città della provincia romana di Pamphylia, in Asia Minore (sud-est della Turchia).

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