giovedì 13 ottobre 2011

Il mosaico

Il mosaico di Alessandro Magno
a Pompei
Dal V secolo a.C. i mosaici furono un modo di investire piuttosto apprezzato dai Greci, a causa del carattere pratico e decorativo. I primi mosaicisti provenivano, con tutta probabilità, dalla Macedonia.
I Tolomei d'Egitto, in particolare, attirarono importanti artisti nel loro regno. Per questo i mosaici più antichi che si ricordino, per la composizione, per l'iconografia, lo stile e la tecnica sono originari del nord della Grecia, di Olinto e Pella, la patria di Alessandro Magno.
I mosaici erano solitamente collocati al centro degli ambienti, tra le panche che sorreggevano i letti dei convitati. La decorazione era strutturata in modo che tutti potessero ammirarla. A Pella e ad Olinto i pavimenti erano composti di ciottoli. I mosaici intendevano imitare la pittura e per questo i mosaicisti modificavano di continuo la loro tecnica e adottavano sempre nuovi materiali.
Nell'opus tessellatum, la malta compare tra i bordi rettilinei delle tessere. Nel tentativo di eliminare la discontinuità, i mosaicisti realizzano decorazioni più fini con elementi minuscoli, è questo l'opus vermiculatum che ricorre alla pittura per mimetizzare le giunture di malta fino a renderle impercettibili.servato nel Museo Greco
Il mosaico a firma di Sophilos, scoperto a Thmuis, nel Delta, e conservato nel Museo Greco Romano di Alessandria, presenta una nuova evoluzione dell'arte musiva. Il pannello centrale, realizzato in opus vermiculatum, è caratterizzato da una notevole policromia. Il bordo è composto da un disegno intrecciato e una larga greca. Al centro una figura femminile vestita di una tunica di porpora sotto una corazza di metallo, con in capo una prua di una nave. Probabilmente è la raffigurazione della regina Berenice II. Questo pavimento veramente eccezionale risale al 200 a.C. e riproduce una pittura del repertorio di immagini ufficiali della dinastia dei Tolomei.
A partire dal I secolo a.C., i mosaicisti alessandrini presero a fabbricare pannelli policromi di ridotte dimensioni, su supporti indipendenti in pietra o terracotta, che venivano posti in seguito nei pavimenti realizzati sul posto. Questa tecnica sarà utilizzata ancora nella città di Alessandria del II secolo d.C., come testimonia il mosaico con l'emblema della Medusa scoperto nel terreno del teatro Diana. Il pavimento della sala da pranzo di una ricca casa è ornato di un mosaico che rappresenta una particolare disposizione: sul tappeto in forma di U, dalla decorazione schematica, si disponevano diversi letti destinati ai convitati che guardavano verso il centro dell'ambiente, ornato di uno scudo in scaglie policrome che porta al centro la testa di Medusa su fondo nero. La testa della Medusa, rivolta verso la porta, aveva una funzione apotropaica.
I mosaicisti alessandrini furono molto richiesti. Quando gli Attalidi, successori di Alessandro in Asia Minore, decisero la costruzione dei palazzi di Pergamo, nella prima metà del II secolo a.C., ricorsero a mosaicisti alessandrini. Costoro crearono laboratori locali la cui influenza finirà per espandersi nella parte orientale del bacino del Mediterraneo. Questa influenza arriverà anche nel mondo romano, esempi ne sono i mosaici ritrovati nella Casa del Fauno a Pompei, databili al II secolo a.C. e conservati, attualmente, nel Museo di Napoli.
Alla caduta dei Tolomei Alessandria perse il suo ruolo di centro di creazione, pur continuando a sussistere la tradizione dei mosaicisti ellenistici, che adottarono l'emblema, una rappresentazione concentrata nella parte di mezzo del pavimento. Diversi emblemi ritrovati ad Ostia antica sono di provenienza alessandrina.

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