domenica 16 ottobre 2011

Patmos, l'isola dell'Apocalisse

Isola di Patmos, monastero di S. Giovanni
L'isola di Patmos, dove la tradizione vuole sia stata scritta l'Apocalisse di S. Giovanni Apostolo, misura meno di 34 chilometri quadrati. Era già conosciuta da Tucidite, dal geografo Strabone e da Plinio il Vecchio. In epoca imperiale romana era divenuta la residenza di alcuni notabili, forse degli esiliati politici.
Verso la fine del I secolo Patmos era una piazzaforte avanzata di Mileto, che la fronteggiava sulla costa dell'Asia Minore. Mileto si serviva dell'isola come fortezza per difendere l'accesso al proprio porto e vi relegava in soggiorno sorvegliato persone detestabili in città. Il ricordo di un esilio di Giovanni a Patmos, per una precisa disposizione dell'imperatore Domiziano (81-96 d.C.) o della sua amministrazione, risale ad un'antica tradizione. Secondo queste fonti S. Giovanni Evangelista veniva dalla provincia d'Asia, una regione nella quale i primi cristiani pativano le persecuzioni di Domiziano.
Vicino al piccolo monastero di Haghia Anna si trova il luogo più venerato dell'isola: la grotta dove sarebbe vissuto S. Giovanni e dove, secondo gli Atti aprocrifi di Giovanni (150-180 d.C.), egli avrebbe dettato il Libro dell'Apocalisse al suo discepolo Procoro.
L'isola di Patmos fu donata, nel 1088, a San Cristodulo da un decreto di Alessio Comneno, che autorizzava il santo a fondare un monastero. Quest'ultimo fu costruito sul luogo in cui sorgeva un tempio dedicato ad Artemide. Gli studiosi conoscono l'epigramma onorifico per la sacerdotessa di Artemide, l'idrofora Vera. Questo epigramma, risalente al II secolo d.C., è stato ritrovato inciso su una pietra riutilizzata nel pavimento del monastero. Artemide era una divinità molto adorata, dal momento che la città di Efeso - nota per il suo culto di Artemide - non era molto lontana. Il mese di maggio, in particolare, era dedicato al culto della dea, patrona ufficiale di Patmos.
Il monastero che si vede attualmente è stato costruito nell'XI secolo, rimaneggiato e ingrandito nel XV secolo, alla caduta di Costantinopoli (1453). La sua originale architettura mescola ispirazioni orientali e architetture gotiche. Il pianterreno è un labirinto di piccoli cortili, corridoi, celle. Alla sinistra dell'entrata si trova la chiesa conventuale, il katholikon, risalente al XVII secolo. Il nartece, dalle colonne non decorate e dalle ogive rialzate è ricoperto di affreschi bizantini, di fattura recente, che illustrano scene della vita degli evangelisti e dipingono il giudizio universale. Gli affreschi all'interno della chiesa, invece, riprendono la vita di S. Giovanni. Al piano superiore vi è la biblioteca che custodisce preziose pergamene, papiri e palinsesti. I primi manoscritti sarebbero stati portati qui da San Cristodulo. Il più antico è stato riscoperto al momento del restauro, durante la compilazione di un inventario: è un vangelo incompleto di Marco, risalente al VI secolo. Fino al momento della scoperta si supponeva che questo documento fosse custodito al Monte Athos. La biblioteca conta 3000 volumi a stampa, tra i quali alcuni incunaboli e migliaia di documenti di archivo sulla storia del monastero. Il tesoro, invece, conserva un bellissimo manoscritto dell'VIII secolo, il Libro di Giobbe, reliquie sante, icone, mitrie di imperatori e patriarchi, antiche stole, pastorali vescovili, croci e calici.
San Cristodulo era un uomo di vasta cultura, appassionato di libri. Per tutta la sua vita si preoccupò di salvare e copiare un gran numero di manoscritti, gli stessi che lasciò al monastero da lui fondato. I bibliotecari che si alternarono nel monastro, pertanto, presero l'abitudine a compilare dei cataloghi, tra il 1103 e il 1200. Le collezioni bizantine di Patmos sono tra le più importanti del mondo, contengono circa 1100 manoscritti, di cui 300 pergamene, 10.000 stampe antiche e 13.000 documenti d'archivio. Si tratta, in prevalenza, di testi biblici, patristici e liturgici, redatti in greco, in latino, in aramaico e in slavo. La biblioteca possiede anche la Biblioteca storica di Diodoro Siculo (X secolo), due tragedie di Euripide e di Sofocle.
I pezzi più antichi della biblioteca del monastero appartengono al Codex Purpureus Petropolitanus e sono datati all'inizio del VI secolo d.C.: sono 33 fogli del Vangelo di Marco, scritti in argento su un vello purpureo, il colore imperiale. Questo manoscritto, con tutta probabilità, proviene da una bottega di Costantinopoli e sarebbe stato smembrato nel XII secolo, forse dai Crociati. Se ne conoscono 230 fogli su 462, divisi tra diverse collezioni.
La biblioteca possiede anche le migliori versioni delle opere di Gregorio Nazianzieno. Uno dei manoscritti comprende due libri dei suoi discorsi, su 240 fogli di pergamena, scritti a Reggio Calabria nel 941 dal monaco Nicola e da suo figlio Daniele, cristiani ortodossi.
Secondo Clemente di Alessandria, Ireneo, Origene e Gerolamo l'Apocalisse sarebbe stata scritta verso la fine del regno di Domiziano (81-96 d.C.). Alcuni studiosi moderni preferiscono riferirsi all'epoca di Claudio (41-54 d.C.), rifacendeosi al parere di Epifanio (IV secolo d.C.). Più numerosi sono coloro che sono orientati ad una datazione ancora più antica, l'epoca di Nerone

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