domenica 30 ottobre 2011

Un tempio alla Genitrice della gens Iulia

Tempio di Venere Genitrice
Tutto quel che attualmente resta di un tempio, voluto da Caio Giulio Cesare nel 46 a.C., sono tre colonne, rialzate dagli scavi mussoliniani nell'area dei Fori Imperiali, non lontano dal Colosseo.
Grazie alle vittoriose guerre galliche, Cesare iniziò a progettare il suo Forum Iulium, espropriando allo scopo diversi terreni nell'area immediatamente adiacente all'area pubblica più antica e centrale di Roma, dove batteva il cuore politico dell'Urbe. Qui Cesare fece edificare una lunga piazza circondata da portici su tre lati. Sul fondo, addossato al colle capitolino, fece erigere un tempio, celebrazione di se stesso e delle sue presunte origini divine. Il tempio venne dedicato a Venere Genitrice, madre dell'eroe troiano Enea che, tramite suo figlio Iulo, aveva dato origine alla gens di Cesare, la gens Iulia.
I resti visibili ora appartengono alla ricostruzione voluta da Traiano nel II secolo d.C., che rispettò, sostanzialmente, lo schema architettonico di quello di Cesare. Il tempio era ottastilo (otto colonne sulla fronte) e periptero sine postico (otto colonne sui lati lunghi ma nessuna colonna sul retro). Era accessibile tramite due scale laterali che confluivano in una rampa frontale. Le colonne erano estremamente vicine le une alle altre, in un ritmo architettonico che Vitruvio definiva picnostilo e che contribuiva a rendere il tempio molto imponente rispetto alla piazza circostante.
L'architrave del tempio aveva un fregio sontuoso decorato da girali di acanto. Anche la cornice era estremamente lavorata e terminava con un motivo di delfini con le code arrotolate attorno a tridenti. I muri della cella erano decorati con pannelli di marmo bianco, ritrovati in frammenti, inseriti tra le lesene delle pareti. Questi pannelli erano incorniciati da un raffinato motivo vegetale con putti alati, la rappresentazione del figlio di Venere, Eros. Nel Rinascimento furono trovate due lastre ancora integre pertinenti al tempio. Una di esse, proveniente dalla Collezione Farnese, si trova ora esposta al Museo Archeologico di Napoli e mostra due amorini affrontati nell'atto di sacrificare dei tori. La seconda lastra, conservata a Villa Albani a Roma, mostra amorini con le gambe trasformate in foglie di acanto che depongono offerte in un thymiaterion (incensiere).
Entrambe i motivi delle lastre si riferiscono al mondo dei riti e dei culti. Il sacrificio del toro era una tematica piuttosto importante nella religione pagana, raffigurando il rinnovamento della vita. Le offerte bruciate nel thymiaterion volevano creare, invece, un collegamento tra il mondo umano e quello divino. Altri frammenti relativi a lastre sicuramente collocate all'interno del Tempio di Venere Genitrice, fanno pensare alla presenza di lastre anche di maggiori dimensioni delle due integre attualmente disponibili.
Anche il portale d'ingresso all'aula di culto celebrava la prosperità di cui Venere era considerata portatrice. Gli stipiti erano ornati di splendide lesene in marmo bianco proconnesio, decorate da tralci d'uva tra i quali si muovevano animali nascosti. L'interno del tempio era costituito da una cella a navata unica scandita, ai lati, da due ordini di colonne e con un'abside sul fondo. In quest'abside - una vera novità al tempo di Cesare - era ospitata la statua di Venere che andò, sfortunatamente, distrutta. Cesare aveva chiesto allo scultore greco Archesilao di modellare una copia in terracotta di un originale in bronzo attribuito a Callimaco (V secolo a.C.), era questa la statua ospitata nel grande tempio, un'iconografia di grande successo, viste le copie in marmo che se ne fecero durante l'epoca imperiale. La dea compare vestita con una tunica e un mantello poggiato sulle spalle.
Le colonne laterali del primo ordine della cella, in marmo pavonazzetto, poggiavano su dadi in peperino ancora visibili. Tra queste colonne vi erano delle nicchie sormontate da piccoli timpani in marmo bianco, destinate ad ospitare statue ed opere d'arte, stando alla testimonianza delle fonti antiche. Il tempio era, insomma, una sorta di raccolta d'arte o un museo ante litteram. Cesare aveva donato al tempio la Venere di Archesilao e un'immagine dorata di Cleopatra, posta accanto alla statua di Venere. Vi erano, inoltre, sei contenitori con gemme incise e due quadri di Timomaco di Bisanzio, anch'essi doni di Cesare. Lo storico Cassio Dione ricorda, all'interno del tempio, anche una statua di Cesare dedicata da Ottaviano. Caligola fece porre qui, alla morte di Drusilla, una statua della sorella.
Le colonne del tempio sorreggevano un fregio-architrave in marmo lunense, capolavoro dell'arte imperiale romana, recante, ancora una volta il tema degli amorini. Il frammento più grande è custodito nel Museo dei Fori Imperiali e presenta un amorino che sostiene la faretra, Minerva che mostra lo scudo con la testa di Medusa e un altro amorino che versa del liquido da un'anfora.
Il secondo ordine di colonne, in marmo portasanta, accentuava ancora di più il forte coromatismo dell'ambiente in cui i colori giocavano un ruolo fondamentale. Durante gli scavi del 1932 venne ritrovata una lesena in marmo bianco lunense, ornata con motivi vegetali. Si trovava nell'area della cella del tempio e corrisponde a due basi di colonna reimpiegate per la costruzione, nel VI secolo d.C., del Battistero Lateranense, dove ancora oggi delimitano l'ingresso. Queste basi sorreggono fusti in porfido non pertinenti, sormontati da capitelli compositi uguali ad altri frammenti rinvenuti, anch'essi, nel 1932, nell'area del tempio.
Il completamento della zona absidale è di epoca adrianea, a cui sono anche riconducibili le paraste davanti l'abside. Probabilmente anche il Tempio di Venere Genitrice venne completato da Adriano, anche se fu ufficialmente fu terminato nel 113 d.C.. All'epoca di Traiano si attribuiscono le parti marmoree dell'alzato del tempio e i muretti tra i dadi in peperino, con mattoni di reimpiego contenenti impressi i bolli di Caio Pontio Felice (II secolo d.C.). Dell'età di Cesare sono gran parte del nucleo cementizio del podio, i blocchi di tufo e peperino della scalinata frontale e la fondazione in blocchi di tufo del muro sud-ovest della cella.
Il pavimento della cella del tempio era in lastre di marmo di differenti qualità, risalenti all'età traianea. Ne sono rimasti solo pochissimi lacerti che hanno permesso di ricostruire il motivo decorativo del pavimento. Esso era costituito da lastre rettangolari in giallo antico incorniciate da fasce di pavonazzetto. Pronao e peristasi erano pavimentati in marmo lunense.
Gli archeologi ritengono che il Tempio di Venere Genitrice sia stato l'esempio al quale si è ispirato il tempio di Marte Ultore, inaugurato nel 2 a.C. nel Foro di Augusto.

Nessun commento:

Egitto trovato il busto di una statua di Ramses scoperta nel 1930

Egitto, il busto di Ramses II appena rivenuto (Foto: finestresullarte.info) Un team di archeologi egiziani e di ricercatori dell'Univers...