mercoledì 25 luglio 2012

La Sala delle Armi e il Castello di Ariano Irpino

Il Castello Normanno di Ariano Irpino, sede del Museo
Il 23 luglio scorso, ad Ariano Irpino, è stata inaugurata la Sala delle Armi nel Castello Normanno. Il Museo della Civiltà Normanna, in cui è inserita la Sala delle Armi, è stato a suo tempo allestito per iniziativa del Centro Europeo di studi Normanni che compie, proprio quest'anno, venti anni di attività.
Le armi che i visitatori potranno ammirare sono 220, datate tra il V e il XVIII secolo d.C.. La collezione è stata donata al museo dall'ing. Mario Troso, appassionato studioso di armi. Sono presenti alabarde, corsesche, lance, brandi stocchi, buttafuoco, quadrelloni tridenti ed altro ancora. E' possibile vedere anche un plastico della battaglia di Hastings (1066), un'armatura del '500, una scure da decapitazione e la riproduzione a grandezza naturale di un guerriero normanno. Interessanti anche alcune armi da taglio romane ed un pilum unico del suo genere.
Il museo è aperto dal mercoledì alla domenica, dalle ore 10.30 alle ore 13.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.30 (orario primaverile ed estivo). In autunno ed inverno cambia solamente l'orario pomeridiano: dalle ore 16.30 alle ore 19.00.
Il Museo della Civiltà Normanna di Ariano Irpino
La conquista longobarda dell'Italia meridionale, comportò innanzitutto lo spopolamento degli antichi centri romani che vennero progressivamente abbandonati e la ricostruzione di centri abitativi in luoghi più sicuri, come la sommità delle colline. Ariano Irpino nasce intorno alla metà del VI e agli inizi del VII secolo d.C., sulla scia del conflitto goto-bizantino. L'abitato venne dotato quasi subito di una torre difensiva attorno alla quale si coagulò un centro abitato, sul lato nord del colle, ai piedi del castello.
La prima notizia sull'esistenza di un borgo difeso si trova nella Chronica Monasterii Casinensis, di Leone Marsicano, monaco di Montecassino e poi vescovo di Ostia, vissuto tra l'XI e il XII secolo. Nel redigere la minuziosa cronaca del monastero, Leone cita un documento del 797 che contiene la donazione da parte di un certo Vaccus vir dives, soldato di Benevento, di tutti i suoi beni all'abate di Montecassino. Tra questi beni vi era un casale in Ariano e un oliveto.
Alcune delle armi presenti nel Museo
Ariano Irpino è citata anche da Erchemperto (858) nella sua Historia Longobardorum Benevetanorum, a proposito di uno scontro tra Longobardi e Saraceni nelle vicinanze del borgo. In un documento dell'Abbadia di Cava risalente all'892 vi è già traccia del castello di Ariano. Nell'849 lo stato beneventano venne frazionato e spartito tra diversi nobili, divi in due gruppi fautori, rispettivamente, di due capi Longobardi: Radelchi e Siconolfo. Questa suddivisione diede vita al principato di Salerno, assegnato a Siconolfo e a quello di Benevento, assegnato a Radelchi. Ariano, profittando della decadenza del principato di Benevento, divenne un importante caposaldo difensivo al confine tra i possedimenti longobardi e la zona d'influenza bizantina. I vari duchi che si succedettero al potere potenziarono le difese cittadine ed eressero il castrum Ariani, una fortificazione con mura di cinta (892) citata dall'anzidetto documento dell'Abbazia di Cava.
Nel 969 ad Ariano venne creata una diocesi suffraganea a quella metropolita di Benevento, che doveva arrestare la penetrazione politico-militare dei bizantini e la diffusione del culto greco-ortodosso proveniente dall'Apulia.
Tra il 1127 e il 1139, sotto la signoria del conte Ruggero, l'impianto del castello era già definito, costituito da un grande torrione cinto da mura e dotato di quattro torri quadrangolari più piccole ai lati. Il castello e l'abitato furono conquistati dai Normanni di Ruggero II nel 1140, il quale Ruggero convocò, proprio in Ariano, una grande curia di baroni e prelati che redassero una serie di leggi che rappresentarono il fondamento del Regnum Siciliae.
Plastico della battaglia di Hastings
Nel 1190 Ariano si trovò coinvolta nelle lotte per la successione al trono di Sicilia. Nel 1255 la città venne devastata dai Saraceni guidati da Federico Lancia e gli abitanti furono allontanati dalla città. Nel 1266 Carlo I d'Angiò si dedicò alla ricostruzione del castello di Ariano, della cattedrale e delle sue mura. Alla fine del XIII secolo detentrice del feudo di Ariano era una famiglia di probabile origine provenzale, i Sabrano.
Nel dicembre del 1456 un violento terremoto si abbatté su Ariano, danneggiandola gravemente: fu necessario riedificare alcune strutture tra le quali lo stesso castello. Tutti gli abitanti furono obbligati dal re Ferdinando di Aragona ad estrarre pietre da portare al castello. I lavori durarono anche nei decenni successivi e furono nuovamente promossi nel XVI secolo dal dententore del feudo, Ferrante Gonzaga, che fece erigere bastioni e trincee in vista di un'ipotetica invasione del regno da parte dei Francesi.
Il castello cadde nuovamente in rovina e nel 1636 è attestata una richiesta dei Cappuccini di Ariano al Viceré di Napoli per servirsi del castello come cava di materiale per costruire la chiesa del Calvario.
L'edificio difensivo, situato sul colle orientale di Ariano Irpino, è inglobato nella villa comunale. La sua architettura riflette l'influsso aragonese, con forma pressocchè quadrangolare, con lati di dimensioni diverse e torri circolari agli angoli. Le torri, al loro interno, ospitano vani di varie dimensioni. Gli scavi condotti all'interno delle mura del castello hanno permesso di riportare alla luce l'impianto della torre longobarda (858-892), eretta direttamente sulla roccia. La torre era stata costruita in muratura incerta. Al di sopra di essa si eleva il mastio normanno (1027-1139), di forma rettangolare.
Torrione e mura del castello normanno di Ariano Irpino
L'approvvigionamento idrico avveniva grazie a due cisterne: una era stata ricavata da una vecchia torre longobarda rivestita di intonaco impermeabile all'acqua, l'altra si trovava nei pressi dell'ingresso nord-est.
Un fossato percorreva il circuito murario in parallelo ad esso. L'ingresso nell'area fortificata avveniva attraverso un ponte levatoio. L'interno della cinta ospitava strutture in legno che fungevano da abitazione o da strutture per approvvigionamento alimentare (pozzi, cisterne, fosse-silos per il grano e il foraggio degli animali).
I restauri degli ultimi decenni hanno permesso di ripristinare i collegamenti sotterranei, uno dei quali congiungeva la torre di nord-ovest con quella di nord-est. Un altro collegamento congiungeva quest'ultima torre con un'altra a sud-est. La tradizione vuole che esistessero anche collegamenti sotterranei che mettevano il castello in comunicazione con zone esterne al recinto fortificato.

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