domenica 23 febbraio 2014

Di cosa si moriva in Mesopotamia?

Lo scheletro di un uomo con la gamba amputata ritrovato a
Tell Barri (Foto: A. Soltysiak)
Dopo mezzo secolo di ricerche in Mesopotamia, gli archeologi sanno ancora ben poco delle malattie che affliggevano la popolazione locale.
Finora la ricerca si è focalizzata sugli scavi nelle città e negli insediamenti e sui testi cuneiformi. L'archeologo Arkadiusz Soltysiak, dell'Istituto di Archeologia dell'Università di Varsavia, ha deciso di raccogliere tutti i rapporti precedentemente pubblicati dagli antropologi che hanno esaminato i resti umani in Mesopotamia. Lo studioso è riuscito a trovare solo 44 pubblicazioni che menzionano tracce di malattie sulle ossa umane, malgrado si conosca da tempo la lingua sumera, l'accadico, l'assiro e il babilonese.
Purtroppo i resti umani in Medio Oriente sono mal conservati a causa del clima, con inverni umidi ed estati calde. Le ossa, estremamente fragili, finiscono per dissolversi. Anche la situazione politica instabile contribuisce ad una mancanza di continuità negli studi antropologici. I resti umani finora analizzati, a parte resti dell'uomo di Neanderthal scoperti nella grotta di Shanidar, in Kurdistan, riguardano essenzialmente il periodo Neolitico, circa 9000 anni fa. I resti umani di questo periodo mostrano un'elevata usura delle ossa, dovuta al sollevamento e al trasporto di pesi. Usura che andò mano a mano regredendo fino all'Età del Bronzo, quando cominciarono ad essere utilizzati gli animali da soma.
Nel periodo Neolitico, inoltre, sono stati riscontrati meno casi di malattie ai denti, quali la carie. Il momento più difficile per la Mesopotamia è stato l'inizio dell'Età del Ferro, con un collasso economico ed agricolo legato a cambiamenti climatici e frequenti conflitti. Una scoperta interessante è stata quella relativa al graduale aumento del numero di casi di malattie ai denti dall'età antica fino al medioevo, probabilmente da collegarsi ad un mutamento nelle abitudini alimentari.

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