martedì 16 settembre 2014

Ritrovato il fortino romano perduto in Germania

Frammento di coccio con l'iscrizione della Legio Primigenia Pia Fidelis
di stanza a Mogontiacum (Magonza) - (Foto: Goethe Universitat
Frankfurt am Main)
Nel corso di uno scavo didattico nell'Assia (Germania), a Gernsheim, gli archeologi dell'Università di Francoforte hanno scoperto un fortino romano a lungo considerato perduto. Qui si stima che fosse di stanza una coorte (circa 500 uomini) tra il 70 e il 120 d.C.
Gli archeologi hanno rintracciato due fossati a forma di V, tipici di questo genere di fortino, e le buche per i pali della torre difensiva. Molti sono i reperti tornati alla luce, dal momento che le truppe romane, una volta smantellato il fortino, hanno riempito il fossato con quello che avevano. Si tratta di una vera e propria miniera d'oro, per gli studiosi, in quanto questi reperti possono comporre il quadro della vita nel fortilizio romano, nonché gli usi e le abitudini dei soldati che lo presidiavano.
Finora si sapeva ben poco del fortino romano di Gernsheim, anche se, nel XIX secolo, sono stati ritrovati dei reperti di epoca romana. L'unica cosa certa, fino a qualche tempo fa, era che, in base ai reperti, qui sorgeva un importante insediamento, un vicus, paragonabile ai vici che sono esistiti a Dieburg o a Landeburg. Si è ipotizzato che l'insediamento facesse perno su una fortezza, dal momento che i soldati solitamente vivevano con le loro famiglie. I venti anni di scavo in questa zona hanno, dunque, portato i frutti tanto attesi.
La fortezza di Gernsheim venne costruita dai Romani per controllare le vaste aree ad est del fiume Reno nel primo decennio del I secolo d.C. e per implementare le vie di comunicazione commerciale da e per il centro di Mainz-Mogontiacum (Magonza). Il forte sorgeva in una zona strategica: una strada si diramava dall'attuale percorso dell'autostrada Magonza-Augusta in direzione di altri centri principali. Si può persino parlare di un porto sul fiume Reno, ma ancora non se ne sono trovate le tracce.
Agli scavi ha partecipato anche il Goethe Institute of Archaeology.

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